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La raccolta di tutta la sua opera in forma di libro (nove titoli, dal libro cult "Il più mancino dei tiri" del 1995 fino al postumo severo testamento di "L'economia giusta") compone uno straordinario ritratto, in diretta, tra politica, cultura e costume, dei nuovi italiani: i post italiani, in bilico tra una psicologia arcaica e comportamenti post-moderni. Berselli descrive un'Italia deideologizzata, demoralizzata, un Paese da talk show confusionario, in cui sentimentalismo e ferocia, le caratteristiche di sempre, vengono proiettati in una dimensione che non è vera e non è falsa, è iperreale. Senza moralismi, perché la fenomenologia è più interessante delle prediche. Un po' come il Roland Barthes delle "Mitologie". Dentro c'è "quel gran pezzo dell'Emilia", la sua terra, fatta di comunisti, miliardari, motori, cucina grassa e rock star, la catastrofe politica della sinistra sinistrata, l'allegria dei capelli lunghi, delle minigonne e delle chitarre prima del '68 e il gran cabaret di "Venerati maestri", davvero un libro da ridere su una cultura da piangere. La nostra.